Bisogni di Salute

Si conoscevano col nome di malattie veneree (cioè malattie della dea dell'amore, Venere), oggi si chiamano IST - infezioni sessualmente trasmesse. Comprendono infatti  moltissime infezioni (batteri, virus, protozoi, funghi ed ectoparassiti per oltre 30 diversi patogeni) che approfittano dell'attività sessuale non protetta per trasferirsi da un individuo all'altro, attraverso il contatto con i liquidi organici infetti.
A volte si manifestano in tempi ristretti, altre volte ci mettono anni a manifestarsi, e lo fanno in tante forme. Vista la facilità della diffusione, la prevenzione e il controllo sono fondamentali. Evitarle richiede solamente attenzione e rispetto per se stessi e per gli altri.

Malattie più diffuse:

  • Clamidia
  • Condilomi
  • Gonorrea
  • Herpes genitale
  • Hiv/Aids
  • Sifilide

UOSD Malattie Infettive

Vaccinazioni

L’organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) descrive il concetto di dipendenza patologica come quella condizione psichica, e talvolta anche fisica, derivante dall’interazione tra un organismo vivente e una sostanza tossica, e caratterizzata da risposte comportamentali e da altre reazioni, che comprendono sempre un bisogno compulsivo di assumere la sostanza in modo continuativo o periodico, allo scopo di provare i suoi effetti psichici e talvolta di evitare il malessere causato dalla sua privazione. Per quanto la nozione di ‘dipendenza’ sia stata in passato riferita in modo esclusivo all’assunzione di sostanze psicoattive, questa viene sempre più frequentemente utilizzata anche nell’inquadramento di particolari sindromi derivanti dallo sviluppo di comportamenti anche in assenza dell’assunzione di qualsiasi sostanza.  Le ‘nuove dipendenze’, o ‘dipendenze senza sostanza’, si riferiscono infatti ad una vasta gamma di comportamenti anomali come: gioco d’azzardo patologico, shopping compulsivo, la cosiddetta ‘new technologies addiction’ (dipendenza da TV, internet, social network, videogiochi), le dipendenze dal lavoro (workaholism), le dipendenze dal sesso (sex-addiction) e dalle relazioni affettive.

Le prestazioni erogate dall’UOSD Attività Terapeutiche e Riabilitative per i Disturbi da uso di sostanze e Nuove Dipendenze di Rieti, nel rispetto delle linee guida regionali, per quanto riguarda i servizi ambulatoriali (Ser.D. – Alcol), prevedono le seguenti attività e funzioni:

  • Valutazione multidisciplinare dello stato di dipendenza e delle condizioni cliniche generali (tossicodipendenza, alcolismo, dipendenze senza sostanza, Gioco D’azzardo Patologico):
    • Visita medica
    • Prelievi ematici e delle urine
    • Prescrizione accertamenti clinico-strumentali-laboratoristici
    • Colloquio clinico e psicodiagnosi
    • Valutazione delle condizioni sociali e familiari
    • Riunioni d’équipe per la definizione dei Piani Terapeutici Individualizzati
  • Somministrazione ambulatoriale di farmaci per disassuefazione e stabilizzazione delle condizioni psico-fisiche
  • Terapie ambulatoriali di disintossicazione e altri trattamenti farmacologici
  • Psicoterapia individuale, familiare e di gruppo
  • Gruppi di auto mutuo aiuto
  • Counseling motivazionale
  • Équipe multidisciplinare specializzata nella diagnosi e trattamento del Gioco d’Azzardo Patologico
  • Certificazioni dello stato di dipendenza patologica
  • Convocazioni artt. 75 e 121 DPR 309/90 su segnalazione della Prefettura
  • Affidamenti in prova art.90 DPR 309/90 in collaborazione con l’Ufficio Esecuzione Penale Esterna
  • Valutazioni mutidisciplinari finalizzate alla formulazione di progetti terapeutici individualizzati intensivi con eventuale inserimento in Comunità Terapeutica e/o nel Centro Specialistico Semiresidenziale aziendale 
  • Interventi sociali di attivazione della rete territoriale (Enti Locali, associazioni, cooperative e altri servizi)
  • Orientamento e reinserimento socio-lavorativo con valutazione in itinere
  • Consulenze ospedaliere
  • Attività medico-legali con obbligo di relazionare alla magistratura competente
  • Accertamenti di secondo livello per i lavoratori addetti a particolari mansioni
  • Accertamenti, su richiesta del Tribunale per i Minori, delle condizioni di presenza/assenza di disturbi da uso di sostanze in coppie con minori a carico
  • Attività clinica e di assistenza nella casa circondariale di Rieti
  • Coordinamento Progetti Regionali e del Dipartimento delle Politiche Antidroga.
  • Attività di prevenzione nelle scuole medie superiori (CIC) e nelle scuole medie inferiori (EU-DAP "Unplugged") 
  • Formazione continua

 

Come si accede

Di norma l'accesso è diretto (o con appuntamento telefonico); non occorre la richiesta del medico di base (MMG) tuttavia è necessario esibire un documento di identità in corso di validità.

N.B. gli utenti sono garantiti e tutelati relativamente alla riservatezza (normativa sulla privacy - segreto professionale) e al consenso informato ai sensi degli artt. 13 e 14 del Regolamento 2016/679/UE (GDPR). Le prestazioni sono gratuite.

 

UOC Patologia da Dipendenza

Ludopatie

I Disturbi Alimentari (DA) sono patologie frequenti che interessano prevalentemente gli adolescenti e la cosiddetta prima età adulta, più frequenti nella popolazione femminile che in quella maschile, in una fascia d'età compresa tra 12 e  25 anni.
Si tratta di persistenti disturbi del comportamento alimentare associati   al controllo del peso e delle forme corporee, che danneggiano la salute fisica e il funzionamento psicologico , non  secondari a nessun'altra condizione medica o psichiatrica.
Tre sono i tipi di Disturbo Alimentare che   si riscontrano maggiormente nella popolazione giovanile e adulta , riconosciuti come disturbi psichiatrici : Anoressia Nervosa, Bulimia Nervosa e Disturbo d'Alimentazione Incontrollata.

L'esordio dell'Anoressia Nervosa interessa prevalentemente i giovani adolescenti,  in una fascia d'età compresa tra 12 e  20 anni, con un interessamento significativo della popolazione infantile, ciò denota che l’età d’insorgenza del disturbo si è abbassata.  Oltre all'evidente dimagrimento, chi soffre di Anoressia Nervosa mostra un'attenzione particolare al cibo, con una spiccata tendenza a ridurre sia la quantità che la qualità degli alimenti assunti. È presente un controllo delle forme corporee e un paradossale timore di aumentare di peso a fronte di uno stato di evidente magrezza. Le persone che  soffrono di Anoressia Nervosa spesso presentano anche una spiccata tendenza all'iperattività motoria finalizzata a consumare calorie per controllare il peso e le forme corporee. Lo stato di malnutrizione presente nell'Anoressia Nervosa , è responsabile di importanti conseguenze organiche come l’interruzione del ciclo mestruale, anomalie cardiologiche, dell'apparato scheletrico .
La Bulimia Nervosa,  è caratterizzata da  abbuffate  seguite da vomito o da altri comportamenti di compenso (abuso di lassativi, abuso di diuretici, iperattività motoria e digiuni post-abbuffata), tesi ad annullare gli effetti dell’ iperalimentazione e a controllare l’ aumento di peso . La Bulimia Nervosa presenta delle pericolose conseguenze organiche, dovute prevalentemente allo squilibrio elettrolitico che il vomito comporta, che può essere causa di importanti aritmie cardiache. Altre conseguenze organiche sono a carico dell'apparato digerente e dei denti.

Il Disturbo d'Alimentazione Incontrollata (DAI) è caratterizzato da episodi di abbuffata senza compenso; la principale conseguenza organica di questo disturbo è l'obesità con le relative compromissioni della salute.  Dal punto di vista psicologico, solitamente si evidenzia  una marcata difficoltà a comprendere e regolare le emozioni, con la possibile compromissione di altri ambiti della vita personale , nonché della sfera sociale.

I disturbi Alimentari, in modo prevalente l’ Anoressia Nervosa, possono essere causa di morte dovuta alle serie compromissioni organiche concomitanti. 

Il trattamento dei Disturbi Alimentari prevede l'intervento di più figure professionali (psichiatra, psicologo, dietista, nutrizionista, internista) che possano affrontare, in modo coordinato, i diversi aspetti sintomatologici di questi disturbi.
Il coinvolgimento dei familiari  è condizione necessaria  e imprescindibile nel percorso di cura dei Disturbi Alimentari , specie nel trattamento dei minori.
Nella fase diagnostica  ci  si avvale della collaborazione di altri servizi della ASL (Medicina Interna, Laboratorio di analisi, Radiologia, Cardiologia, Gastroenterologia, Diabetologia ed Endocrinologia). La psicoterapia, affiancata ad altre  attività  di  recupero del Sé e del corpo , assume un ruolo significativo  nel processo di cura dei Disturbi Alimentari
Il Servizio dei Disturbi della Nutrizione e Alimentazione ( DNA) garantisce una multidisciplinarietà degli interventi , condizione indispensabile per una globale presa in carico  del paziente affetto da disturbo alimentare; infatti solo il trattamento integrato, così come indicato in letteratura, rappresenta il fattore principale di efficacia dell’intervento terapeutico.

UOC Tutela del Materno Infantile

Il Diabete Mellito è una malattia cronica caratterizzata da elevati livelli di glucosio nel sangue. Tale condizione è causata da un difetto di produzione di insulina da parte del pancreas o da un’alterazione della sua efficacia biologica.

Classificazione eziologica

  • Diabete tipo 1: causato dalla distruzione beta-cellulare, su base autoimmune o idiopatica, caratterizzato da una carenza insulinica assoluta, con esordio in età giovanile (variante LADA: Latent Autoimmune Diabetes in Adults, ha decorso lento e compare in età adulta)
  • Diabete tipo 2: causato da un deficit parziale di secrezione insulinica, che in genere progredisce nel tempo ma non porta mai ad una carenza assoluta di ormone, e si instaura spesso su una condizione più o meno severa di insulino-resistenza.
  • Diabete gestazionale: diabete diagnosticato per la prima volta nel secondo o terzo trimestre di gravidanza, in genere regredisce dopo il parto. Le donne che hanno avuto diabete gestazionale sono a rischio di sviluppare ancora diabete gestazionale nelle gravidanze successive e diabete tipo 2 durante la vita.
  • MODY (Maturity Onset Diabetes of the Young): diabete monogenico causato un difetto genetico singolo capace di determinare iperglicemia. E’ un diabete che si trasmette da una generazione all’altra e compare più precocemente del diabete tipo 2 anche se ne condivide molte caratteristiche.
  • Diabete secondario ad altra patologia (es. malattia del pancreas) o farmaci (es cortisone).

Sintomi                                                  

Nella grande maggioranza dei casi il Diabete tipo 2 non dà alcun sintomo.

Nel diabete tipo 1 vi è spesso perdita di peso e l’inizio della malattia può essere brusco con notevole malessere, sonnolenza e odore di acetone nell’alito.

  • Polidipsia: sete intensa
  • Poliuria: necessità di urinare spesso con urine abbondanti
  • Astenia: stanchezza

Diagnosi

Il diabete è diagnosticato quando:

- l’emoglobina glicata (HbA1c) è uguale o superiore a 6.5% (in due circostanze)
oppure
- la glicemia misurata in laboratorio è uguale o superiore a 126 mg/dl (al mattino, dopo 8 ore di digiuno, in due circostanze)

oppure
- la glicemia è uguale o superiore a 200 mg/dl alla seconda ora dopo un carico orale di glucosio (in due circostanze)

oppure
- la glicemia è uguale o superiore a 200 mg/dl in un momento qualsiasi della giornata in presenza di sintomi tipici della malattia (poliuria, polidipsia, calo ponderale).

Esistono anche condizioni in cui i livelli di glucosio nel sangue non sono ottimali e che rappresentano un aumentato rischio di sviluppare il diabete in futuro:

  • emoglobina glicata fra 6.00 e 6.49%
  • glicemia a digiuno fra 100 e 125 mg/dl (alterata glicemia a digiuno)
  • glicemia due ore dopo glucosio orale fra 140 e 199 mg/dl (ridotta tolleranza glucidica)

Circa un soggetto ogni 5 in queste condizioni sviluppa diabete in 5 anni.

Fattori di rischio

Diabete tipo 1

  • Parenti di primo grado (genitori, fratelli) con diabete tipo 1
  • Malattie autoimmuni
  • Malattie autoimmuni fra i parenti di primo grado

Diabete tipo 2

  • Parenti di primo grado con diabete tipo 2
  • Glicemia o HbA1c non ottimale
  • Pregresso diabete gestazionale
  • Eccesso di peso corporeo
  • Sedentarietà
  • Iperalimentazione
  • Fumo di sigaretta
  • Ipertensione
  • Basso colesterolo HDL
  • Elevati trigliceridi
  • Alta uricemia o gotta
  • Basso peso alla nascita (meno di 2.5 kg)
  • Elevato peso alla nascita (più di 4 kg)
  • Donna che ha partorito un figlio di peso superiore a 4 kg
  • Età avanzata

 

Prevenzione

Alimentazione equilibrata: preferire cibi ricchi di fibre come cereali integrali, legumi, vegetali e ridurre il consumo di zuccheri semplici e di grassi animali. Una dieta ipocalorica in persone con eccesso di peso e glicemia non ottimale ha dimostrato di essere in grado di prevenire il diabete.

Attività fisica

Complicanze del diabete

Acute: disturbi metabolici severi come la chetoacidosi, nel diabete tipo 1, e la sindrome iperosmolare non chetosica, nel diabete tipo 2, seppur rari, mettono a rischio la vita del paziente e devono essere affrontate tempestivamente in regime di ricovero ospedaliero. L’ipoglicemia, è tanto più frequente quanto più il paziente è trattato in maniera intensiva, è una complicanza che genera un notevole malessere al paziente e richiede, in alcuni casi, l’assistenza di altre persone e talora l’ospedalizzazione.

Croniche: il diabete non curato adeguatamente o trascurato, può causare danni ad organi e tessuti.  Per tale ragione il diabete può essere considerato una malattia sistemica (di tutto l’organismo).

  • Malattie cardiovascolari: infarto del miocardio, cardiopatia ischemica, ictus cerebri, arteriopatia obliterante degli arti inferiori.
  • Retinopatia: microaneurismi, microemorragie, essudati oppure lesioni più severe come la maculopatia, l’ischemia retinica, la proliferazione vascolare, l’emorragia, il distacco retinico.
  • Nefropatia: lesioni dei reni che aumentano la perdita di albumina con le urine (microalbuminuria, macroalbuminuria o proteinuria) e riducono la capacità del rene di filtrare il sangue con aumento della creatinina. 
  • Neuropatia: la neuropatia si instaura per il danno esercitato dall’iperglicemia cronica sui nervi. Si manifesta con disturbi a carico dei piedi e delle gambe dove vengono percepiti, soprattutto a riposo e alla sera, formicolii, bruciori. Può interessare il sistema nervoso vegetativo che controlla la funzione degli organi interni e dei vasi sanguigni con sintomi caratterizzati da riduzione della pressione arteriosa passando da sdraiato in piedi (ipotensione ortostatica), tachicardia fissa, rallentamento dello svuotamento dello stomaco, difficoltà nello svuotamento della vescica, disturbo dell’erezione.  
  • Piede diabetico: l’arteriopatia obliterante agli arti inferiori e/o la neuropatia somatica ed autonomica possono determinare alterazioni ai piedi di vario tipo e severità.

Cura del diabete

I cardini della cura del diabete sono l’educazione terapeutica, la dieta, l’attività fisica e la terapia farmacologica personalizzata. Il raggiungimento e il mantenimento di buoni livelli di glicemia ed emoglobina glicosilata migliorano la qualità di vita e prevengono l’instaurarsi delle complicanze.

Bibliografia:

UOSD Diabetologia

La Demenza è una sindrome clinica caratterizzata dalla perdita progressiva delle funzioni cognitive di entità tale da interferire con le usuali attività sociali e lavorative del paziente. Il paziente perde progressivamente la capacità di far fronte alle richieste della vita di ogni giorno e non è più in grado di conservare un comportamento sociale adeguato alle circostanze. Oltre ai sintomi cognitivi (disturbi di memoria, linguaggio, orientamento) sono presenti anche sintomi non cognitivi che riguardano la sfera della personalità, l’affettività e il comportamento. La Demenza è una condizione altamente invalidante, in continuo aumento in tutto il mondo a causa dell’invecchiamento della popolazione e rappresenta una delle più importanti emergenze che i sistemi sanitari si troveranno ad affrontare nei prossimi decenni.
La sindrome demenziale non è determinata da una specifica causa,  in quanto numerosi processi patologici possono portare a Demenza. La Malattia di Alzheimer è la causa più frequente di demenza (40-50% dei casi); altrettanto frequente è la Demenza di origine vascolare, mentre altre patologie neurodegenerative, quali la Demenza a Corpi di Lewy e la Demenza FrontoTemporale, costituiscono il restante 10-20% dei casi di demenza. Una piccola percentuale dei casi è secondaria a patologie potenzialmente reversibili.

Malattie più rare

  • Demenza mista: caratterizzata dalla presenza di alterazioni cerebrali provocate sia dalla malattia di Alzheimer che da lesioni ischemiche.
  • Atrofia corticale posteriore (PCA): conosciuta anche come Sindrome di Benson, è considerata una variante atipica dell’Alzheimer (AD). Rispetto ad altre forme di demenza, spesso colpisce in età precoce (a partire da 40 anni) provocando un’atrofia della parte posteriore della corteccia cerebrale, con conseguente progressiva interruzione dell’elaborazione visiva complessa. In alcuni casi, la PCA può manifestarsi insieme ad altre forme di demenza, come la demenza a Corpi di Lewy e la malattia di Creutzfeldt-Jakob.
  • Demenza post-traumatica: dovuta a uno o più traumi cranici.
  • Demenza da degenerazione cortico-basale: caratterizzata dalla perdita delle cellule nervose e dalla riduzione di più aree del cervello tra cui la corteccia cerebrale e i gangli della base.
  • Paralisi sopranucleare progressiva: detta anche Sindrome di Steele-Richardson-Olszewski, caratterizzata da una perdita progressiva e selettiva di neuroni responsabili del controllo dei movimenti oculari, dell’equilibrio, della parola e della deglutizione.
  • Malattia di Hungtinton: caratterizzata da declino intellettivo e movimenti irregolari ed involontari degli arti e dei muscoli facciali.
  • Sindrome di Gerstmann-Straussler-Scheinker: di natura ereditaria, è una malattia neurodegenerativa i cui sintomi includono perdita dell’equilibrio e scarsa coordinazione muscolare. I sintomi della demenza si presentano negli ultimi stadi della malattia.
  • Malattia di Parkinson: dovuta a una mancanza di dopamina, responsabile per il controllo dell’attività muscolare. Spesso è caratterizzata da tremori, rigidità agli arti ed alle articolazioni, difficoltà di parola e nei movimenti fisici. Nel corso della malattia, alcune persone sviluppano demenza e talvolta malattia di Alzheimer. Viceversa, alcune persone affette da Alzheimer sviluppano sintomi della malattia di Parkinson.

La malattia di Alzheimer è stata descritta per la prima volta nel 1906, dal neuropsichiatra tedesco Alois Alzheimer, ed è la forma più comune di Demenza degenerativa progressiva. Il suo esordio è prevalente in età presenile, prima dei i 65/70 anni.
Il sintomo iniziale più frequente è la difficoltà nel ricordare eventi recenti. Con l'avanzare del tempo si evidenziano altri sintomi come: difficoltà di linguaggio, disorientamento, cambiamenti repentini di umore, incapacità di prendersi cura di sé, disturbi del comportamento. Anche se la velocità di progressione può variare, il decorso medio di malattia dopo la diagnosi è dagli otto ai dodici anni.

UOC Neurologia 

In Italia  le ultime stime ci dicono che nel corso dell'anno vengano diagnosticati circa 373.300 nuovi casi di tumore, di cui il 52% fra gli uomini e il 48% fra le donne cioè mediamente ogni giorno più di 1.000 nuove diagnosi.
Negli ultimi anni, sono però complessivamente migliorate le percentuali di guarigione: il 63% delle donne e il 54% degli uomini è vivo a cinque anni dalla diagnosi.
Il merito di questo traguardo è da riferire soprattutto alla maggiore adesione alle campagne di screening, che consentono di individuare la malattia in uno stadio iniziale, alla maggiore efficacia delle terapie disponibili e all’approccio multidisciplinare alla malattia.

Il portale OPEN SALUTE LAZIO strumento di informazione, creato dal Dipartimento di Epidemiologia della Regione Lazio, offre un quadro sintetico dello stato di salute della popolazione residente nella Regione, in ogni  singola ASL, Distretto, Comune con stime che vengono periodicamente aggiornate.

La ASL Rieti aderisce alle campagne di screening regionali per il tumore della mammella, della cervice e del colon retto.

Tra i principali tumori che colpiscono la popolazione italiana ci sono quello alla cervice uterina, alla mammella e al colon retto. Il loro decorso naturale però può essere cambiato grazie allo screening.  
Gli esami di prevenzione, infatti, servono a diagnosticare precocemente l’eventuale insorgenza di un tumore di questo tipo e possono salvarti la vita con terapie precoci, efficaci e meno aggressive.
Sono esami poco invasivi, gratuiti e soprattutto sono percorsi organizzati dove non devi pensare a nulla, solo alla tua salute.

Attività

  • Programma di Screening Mammografico
  • Programma di Screening per la prevenzione dei tumori del collo dell'utero
  • Programma di Screening Colorettale

UOS Coordinamento Screening

UOC Oncologia Medica

UOS Chirurgia Senologia e Ricostruttiva

Patologie Reumatologiche

La Reumatologia è una branca della Medicina che si occupa di malattie diverse, definite malattie reumatiche, che interessano prevalentemente l’apparato muscolo-scheletrico (ossa, tendini, capsula articolare, muscoli ecc.) e possono anche coinvolgere altri organi ed apparati.

Le patologie reumatiche sono malattie contraddistinte dall’infiammazione di articolazioni, legamenti, tendini, ossa o muscoli e che in certe situazioni possono colpire organi vitali come il cuore, reni, polmoni ecc.. Se non diagnosticate e trattate precocemente possono condurre alla perdita di funzionalità delle strutture infiammate.

Le Malattie Reumatiche sono tante, oltre cento e sono molto diverse fra loro sia per la sintomatologia che può avvertire il malato sia per i segni con cui si presenta la malattia. Tra di esse sono comprese l’artrite reumatoide, il lupus eritematoso sistemico, la sclerodermia, le spondiloartropatie, la polimiosite e la dermatomiosite e la sindrome di Sjögren, ecc. Alcune sono classificate come patologie del tessuto connettivo (connettiviti), invece altre si collocano tra le patologie infiammatorie articolari (artriti).

Le accomuna tutte l’impegno articolare i cui sintomi prevalenti sono  il dolore di diversa entità e la ridotta capacità funzionale dell’articolazione stessa. Ma anche altre strutture periarticolari come i tendini, i legamenti, i muscoli ed altri organi ed apparati possono essere interessati a seconda della diversa malattia reumatica.

Si comprende quindi perché il dolore articolare (artralgia) o il dolore muscolare (mialgia) da soli non indicano una precisa diagnosi.

Le Malattie Reumatiche possono insorgere a qualsiasi età, anche nei bambini, e sono di solito più comuni nelle donne . Principalmente possono essere di tipo: degenerativo (per esempio l’artrosi), infiammatorio (per esempio le artriti) e dismetabolico, cioè legate a disturbi metabolici (acido urico, diabete, obesità, ecc.).

Le Malattie Reumatiche hanno prevalentemente un andamento evolutivo cronico e proprio per questo possono esitare in uno stato di disabilità.

Le modalità di comparsa sono diverse; possono comparire all’improvviso ed in maniera acuta oppure il loro esordio può essere più lieve, insidioso e lento nel corso del tempo.

La causa (eziologia) della gran parte delle malattie reumatiche a tutt’oggi non è nota. Alla radice delle patologie reumatiche c’è una combinazione di fattori genetici e ambientali. Anche se si può nascere avendo una predisposizione al loro sviluppo, di solito serve uno stimolo esterno perché comincino a presentarsi i primi sintomi. Tra i fattori ambientali inclusi nell’inizio delle patologie reumatiche sono compresi i virus. Inoltre la maggiore rilevanza nella popolazione femminile ha condotto a ipotizzare che anche gli ormoni possano avere un ruolo nello sviluppo di queste malattie.

I sintomi più tipici delle patologie reumatiche dipendono dalla zona interessata. Ad esempio possono presentarsi con l’artrite ( gonfiore e rigidità delle articolazioni colpite), sintomi da coinvolgimento degli organi interni (ad esempio: disturbi della respirazione, disturbi della deglutizione, insufficienza renale) e sintomi da infiammazione sistemica tipo febbre ed astenia.

Per questo motivo è importante riconoscerne tempestivamente i sintomi, effettuare una diagnosi precoce ed instaurare, prima possibile, un corretto trattamento farmacologico.

Le Malattie Reumatiche colpiscono circa una persona su dieci, oltre 5 milioni e mezzo di persone in Italia. Oltre 300 milioni di persone nel mondo.

Le malattie reumatiche più diffuse in Italia

ARTROSI                                                   3.900.000

REUMATISMI MUSCOLARI                         700.000

SPONDILOENTESARTRITI                          480.000

ARTRITE REUMATOIDE                               300.000

GOTTA                                                           100.000

CONNETTIVITI (LUPUS, SCLERODERMIA) 100.000

OSTEOPOROSI                                                23% delle donne sopra i 40 anni 14% degli uomini sopra i 60 anni

 

OSTEOPOROSI

È la malattia più diffusa dello scheletro ed è caratterizzata da una diminuizione della resistenza  ossea associata ad un deterioramento della microarchitettura dell’osso con un conseguente aumento della fragilità scheletrica e predisposizione alle fratture che possono verificarsi per piccoli traumi o anche spontaneamente. Le fratture osteoporotiche sono gravate da un elevato tasso di disabilità, spesso richiedono interventi chirurgici e interferiscono con la qualità e l’aspettativa di vita dei pazienti. L’osteoporosi colpisce soprattutto le donne dopo la menopausa, quando cioè lo scheletro perde l’effetto protettivo degli ormoni sessuali. Oltre alle forme primarie (osteoporosi post-menopausale ed osteoporosi senile), esistono  le forme secondarie ossia tutte quelle forme di osteoporosi che si manifestano a seguito di altre malattie in grado di alterare il metabolismo osseo.                          Nelle forme secondarie sono compresi i disordini endocrini quali l’iperparatiroidismo, la sindrome di Cushing, la carenza di ormoni sessuali (ipogonadismo), il diabete, la malnutrizione, alcune malattie gastrointestinali quali  il Morbo di Crohn, il Morbo Celiaco, alcune malattie reumatiche quali l’artrite reumatoide, l’uso di cortisonici e altri farmaci quali gli antidepressivi e gli antiepilettici.

Esistono importanti fattori di rischio che predispongono alle fratture da fragilità: sesso femminile, menopausa precoce, stato di magrezza, fumo o eccessivo consumo di alcool, familiarità e dieta povera di calcio, ecc.

Le tipiche fratture da osteoporosi sono considerate quelle dei corpi vertebrali, del collo del femore e del polso (frattura di Colles).

Si possono prevenire le malattie reumatiche?

Per la maggior parte delle Malattie Reumatiche, non essendo nota la causa, non è possibile attuare una prevenzione primaria, cioè evitare che la malattia si manifesti.

Si può, invece, avviare una prevenzione secondaria, cioè, laddove la malattia si è già manifestata, si possono applicare quei principi terapeutici, farmacologici, riabilitativi, stile di vita, atti a ridurne il danno ed a prevenirne così uno stato di disabilità.

L’apparato respiratorio è l’insieme degli organi (naso, faringe, laringe, trachea, bronchi, alveoli, pleura, gabbia toracica, diaframma e muscoli intercostali) deputati agli scambi gassosi tra l’ambiente esterno e l’organismo. Esso quindi procede all’assunzione di ossigeno ed all’eliminazione dell’anidride carbonica, prodotto di scarto del metabolismo cellulare, e nello svolgimento di tale attività è in stretta connessione con l’apparato cardio-circolatorio. Considerata la complessità delle attività dei vari organi possiamo distinguere una “pompa”, composta dalle strutture osteo-muscolari del torace, che permettono l’attuazione degli atti respiratori, delle “vie di conduzione” (naso, faringe, laringe, trachea e bronchi) in cui scorre l’aria ed uno “scambiatore”, il polmone vero e proprio dove negli alveoli si avverano gli scambi gassosi. Diversi possono quindi essere gli insulti, provenienti dall’esterno (fumo di sigaretta, inquinamento ambientale, infezioni) o secondari ad altre patologie (patologie della gabbia toracica o neuro-muscolari), che possono inficiare l’attività dell’apparato respiratorio. Tra le patologie respiratorie più diffuse tra la popolazione del nostro paese troviamo:

  • Polmonite: patologia infettiva acuta di origine virale o batterica che coinvolge il polmone profondo. Tra le forme più frequenti di polmonite vi è quella da Pneumococco, che può essere prevenuta con la vaccinazione antipneumococcica offerta gratuitamente ai soggetti di età >= 65 anni o portatori di patologie croniche cardio-respiratorie.
  • Tubercolosi: La tubercolosi è una malattia infettiva, provocata dai Micobatteri della tubercolosi umana, che può colpire diversi organi. Il punto d’ingresso del Micobatterio è di solito il polmone per trasmissione aerea. La prima infezione può passare inosservata o può evolvere verso una forma di “tubercolosi primaria” del polmone che può esitare, se non riconosciuta e curata, verso forme di “tubercolosi post-primaria” che possono coinvolgere oltre al polmone anche altri organi (tubercolosi renale, ossea, genitale, ecc.). Non tutte le forme di tubercolosi sono contagiose, infatti possono trasmettere la malattia solo i pazienti con forme tubercolari aperte all’esterno (per es. caverne polmonari). La pleurite tubercolare, o le forme che coinvolgono altri organi non in comunicazione con l’esterno, non sono contagiose. Per le particolari caratteristiche del bacillo tubercolare, la semplice infezione tubercolare può passare inosservata (infezione tubercolare latente) e dar luogo nel tempo a forme di conclamata malattia tubercolare. Lo sviluppo della malattia è più frequente entro i primi due anni dall’infezione, ma può manifestarsi in qualsiasi momento della vita, quando condizioni intrinseche o estrinseche all’individuo inducono una caduta delle difese immunitarie. L’infezione tubercolare latente (ITL) può essere trattata farmacologicamente, riducendo sensibilmente il rischio di sviluppo di malattia.
  • Bronchiectasie: Le bronchiectasie sono una condizione anatomica caratterizzata dalla dilatazione anormale e permanente delle vie bronchiali di origine congenita o più frequentemente post-infettiva (per esempio, polmonite), accompagnata da una sintomatologia clinica rappresentata da tosse produttiva cronica e frequenti infezioni bronchiali. La diagnosi è clinico-radiologica e necessita, per un riconoscimento certo, dell’esecuzione di TC del torace. L’accumulo di muco nei bronchi dilatati e l’utilizzo non corretto della terapia antibiotica espone il paziente al rischio di colonizzazione batterica, spesso antibiotico resistente, e di cronicizzazione quindi dell’infezione e dell’infiammazione con progressione delle lesioni bronchiali e polmonari. In presenza di bronchiettasie l’utilizzo di antibiotici, quando necessario, deve quindi essere sempre guidato eseguito sull’isolamento batterico.
  • Asma Bronchiale: L’asma bronchiale è una patologia delle vie aeree caratterizzata da infiammazione cronica bronchiale, iperreattività bronchiale e da una storia di sintomi respiratori quali respiro sibilante, dispnea, sensazione di costrizione toracica e/o tosse che variano nel tempo ed in intensità, accompagnati ad una variabile limitazione al flusso espiratorio evidenziabile con esame spirometrico. La sintomatologia, più frequente nelle ore notturne, è di solito reversibile spontaneamente o in seguito a terapia.  E’ una “malattia eterogenea”, spesso familiare, che include condizioni cliniche molto diverse tra loro per eziopatogenesi, basi biologiche, manifestazioni cliniche, decorso nel tempo e risposta alla terapia (forme allergiche, forme non allergiche, forme professionali, forme associate a reflusso gastro-esofageo o ad obesità). La maggior parte delle forme asmatiche possono essere tenute sotto controllo con una terapia inalatoria di corticosteroidi e broncodilatatori, ma in alcuni pazienti possono presentarsi già all’esordio con una maggiore severità, mancata risposta alle comuni terapie e necessitanti quindi di trattamento con farmaci di ultima generazione (farmaci biologici). Altre forme evolvono verso una cronica ostruzione bronchiale, mal distinguibile dalla Bronco pneumopatia Cronica Ostruttiva.
  • Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva (BPCO) ed Enfisema Polmonare: La Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva, più comunemente conosciuta come BPCO, è una comune malattia, prevenibile e trattabile, caratterizzata da persistenti sintomi respiratori e limitazione al flusso aereo, legata ad alterazioni delle vie aeree e/o alveolari solitamente causate da una significativa esposizione a particelle nocive o gas. La causa eziologica principale è il “fumo di sigaretta”, che provoca uno stato di infiammazione cronica delle vie aeree, ipersecrezione delle ghiandole mucose bronchiali ed una alterata e carente produzione delle sostanze protettive degli alveoli polmonari con conseguente distruzione di questi e sviluppo di enfisema polmonare. In alcuni soggetti predominano le lesioni bronchiali e ghiandolari con una sintomatologia rappresentata in prevalenza da tosse produttiva, in altri (come in presenza di carenza genetica o produzione anomala dell’alfa1-antitripsina) prevalgono le lesioni enfisematose, con distruzione del polmone profondo e sintomatologia rappresentata in prevalenza da dispnea (affanno), all’inizio durante attività fisica e poi, nelle fasi avanzate, anche a riposo. Caratteristica della malattia è la presenza di riacutizzazioni (fasi di incremento della tosse, modificazioni delle caratteristiche dell’espettorato, febbre) durante le quali può svilupparsi insufficienza respiratoria e che portano inesorabilmente ad una evoluzione della patologia. La diagnosi è clinica e funzionale (spirometria globale, test di broncodilatazione farmacologica e diffusione alveolo-capillare al CO), non può essere infatti posta una diagnosi di BPCO in assenza di un’accurata valutazione funzionale. La terapia si basa sull’allontanamento dai fattori di rischio (fumo di sigaretta, inquinamento, ecc.), l’assunzione costante di terapia inalatoria con broncodilatatori a lunga durata d’azione, a cui possono essere associati corticosteroidi inalatori, e l’esecuzione di vaccinazione antinfluenzale ed antipneumococcica per ridurre il rischio di riacutizzazioni e polmonite. Altro caposaldo della terapia della BPCO è la fisioterapia. Le metodiche di riallenamento allo sforzo, opponendosi infatti all’inesorabile riduzione di mobilità dei pazienti indotta dalla dispnea, migliorano la qualità della vita e riducono il rischio di patologie associate (cardiopatie, osteoporosi, ecc.). La prevalenza di BPCO nella nostra ASL risulta di 97,5 malati su 100.000 residenti (dati Lazio 107,4 su 100.000 residenti – opensalutelazio – anno 2016).
     
  • Pneumopatie Interstiziali diffuse (PID) e Fibrosi Polmonare Idiopatica (IPF): Le Pneumopatie Interstiziali Diffuse (PID) sono un gruppo di oltre 200 diverse patologie che esitano in una cicatrizzazione diffusa del polmone, rendendo difficile la respirazione normale e gli scambi gassosi, fino alla comparsa di insufficienza respiratoria. Alcune di queste forme si sviluppano nell’ambito di malattie autoimmuni e del connettivo (es. sclerodermia, lupus, artrite reumatoide, polimiosite, dermatomiosite), altre in seguito ad esposizione in ambito lavorativo o ambientale (es. silice, asbesto, metalli pesanti, gas e fumi industriali, batteri, funghi e muffe, polvere di proteine animali), altre sono secondarie a tossicità a farmaci (amiodarone, farmaci chemioterapici, radioterapia) ed altre ancora sono a tutt’oggi di origine sconosciuta. Tra quest’ultime spicca, per la severità della prognosi, la Fibrosi Polmonare Idiopatica (IPF). Essa compare prevalentemente in età adulta-avanzata (50-80 anni) e colpisce prevalentemente il sesso maschile, con una sintomatologia respiratoria (dispnea e tosse secca) che tende ad aggravarsi nel tempo fino all’insufficienza respiratoria conclamata. Nella nostra ASL la prevalenza di IPF è di 16,1 malati/100.000 residenti (dati Lazio 16,4/100.000 residenti – opensalutelazio – anno 2016). Negli ultimi anni sono stati messi a disposizione farmaci che permettono un rallentamento dell’evoluzione delle lesioni polmonari (Pirfenidone, Nintedanib) ed altri sono in sperimentazione. La diagnosi delle PID è clinica (sintomatologia e rilievo all’esame obiettivo del torace dei tipici crepitii respiratori) e radiologica (evidenza in TC delle tipiche lesioni fibrose diffuse). Più difficile è la caratterizzazione delle singole patologie che richiede un intervento integrato multidisciplinare (pneumologo, radiologo, anatomo-patologo, laboratorista, reumatologo).
  • Disturbi Respiratori del Sonno (DRS) e Sindrome delle Apnee Ostruttive del Sonno (OSAS): Il sonno è un momento particolare della nostra vita caratterizzato da uno stato, rapidamente reversibile, di ridotta reattività, ridotta attività motoria e ridotto metabolismo. L’utilità di tale periodo è a tutt’oggi ancora scarsamente conosciuto, ma una sua privazione acuta e soprattutto cronica, è stata associata a patologie come il diabete mellito di tipo 2, l’obesità e la depressione. Il nostro sonno procede per stadi, che si ripetono con regolarità durante la notte. In alcuni periodi (stadio REM) è presente una manifesta irregolarità della frequenza cardiaca, respiratoria e della ventilazione che può indurre in soggetti portatori di patologie respiratorie, cardiache o neuro-muscolari la comparsa di eventi respiratori e di insufficienza respiratoria notturna. Gli eventi respiratori più frequenti durante il sonno sono:
  1. Eventi respiratori secondari ad ipoventilazione, come nell’obesità grave
  2. Eventi respiratori secondari ad apnee o ipopnee di origine centrale, in cui l’impulso a respirare proveniente dal cervello è inibito. Alcune di queste forme sono primitive altre secondarie a patologie cardiache (scompenso cardiaco)
  3. Eventi respiratori secondari a ostruzione parziale (ipopnee) o totale (apnee) delle alte vie aeree.

Quest’ultima situazione è quella associata alla Sindrome delle Apnee Ostruttive del Sonno (OSAS), disturbo respiratorio del sonno più comune tra la popolazione generale (4%-9%) e condizione morbosa caratterizzata da ricorrenti episodi di collasso delle vie aeree superiori che determinano riduzione del livello di ossigenazione sanguigna e che abitualmente si concludono con un episodio di risveglio transitorio. Fattori di rischio noti sono: obesità, anche se il 50% dei pazienti è normopeso o solo sovrappeso, alterazioni cranio facciali o occlusali, sesso maschile, malattie genetiche (per es. sindrome di Prader Willy). Qualsiasi condizione in grado di determinare il restringimento del lume faringeo (compressione dall’esterno, riduzione della pressione all’interno del lume o ridotto tono muscolare) predispone all’occlusione, la cui sede può essere differente da un individuo all’altro o può variare nello stesso individuo in funzione dello stadio del sonno e della posizione corporea a letto. L’OSAS è diagnosticabile in presenza di:

  1. Segni quali: dismorfismi cranio-facciali, anomalie oro-faringee, circonferenza del collo > 41 cm nella donna e > 43 cm nell’uomo, obesità, presenza di condizioni anatomiche come macroglossia, allungamento del palato molle, iperplasia dell’ugola ed ipertrofia tonsillare che comportano una riduzione dello spazio respiratorio a carico delle prime vie aeree;
  2. Sintomi quali: russamento abituale (tutte le notti) e persistente (da almeno sei mesi), interruzioni del respiro riferite da partner, cefalea mattutina, modificazioni della personalità, deterioramento delle funzioni psichiche, poliuria e sudorazione notturna, impotenza sessuale e sonnolenza diurna;
  3. Comparsa durante il sonno di apnee o ipopnee prevalentemente ostruttive, rilevabili con monitoraggio cardio-respiratorio o polisonnogramma.

La patologia è associata ad un incremento di frequenza di una serie di patologie come: ipotiroidismo, ipertensione arteriosa spesso resistente alla terapia farmacologica, aritmie cardiache come la fibrillazione atriale ricorrente, diabete mellito tipo 2, e ad un incremento della mortalità più significativo nel soggetto adulto giovane (30-50 anni). Il “gold standard” terapeutico è rappresentato dall’applicazione notturna in maschera nasale di Pressione Positiva Continua (CPAP), che abolisce l’ostruzione totale o parziale delle alte vie aeree. Ottimi risultati si ottengono in pazienti adulti selezionati, con gli Avanzatori Mandibolari (MAD), ed in età pediatrica con l’adeno-tonsillectomia, l’ortognatodonzia e la terapia miofunzionale. La terapia è comunque sempre personalizzata e necessita di un approccio integrato tra diversi specialisti (pneumologo, otorinolaringoiatra, odontoiatra, neurologo, nutrizionista, pediatra, ecc.).

  • Insufficienza Respiratoria: L'Insufficienza Respiratoria è una condizione nella quale il sistema respiratorio non riesce a garantire gli scambi gassosi ed a mantenere quindi un adeguato livello di ossigeno e/o di anidride carbonica nel sangue. Essa è l’evoluzione ultima di una serie di patologie respiratorie e neurologiche (BPCO, Fibrosi Polmonare Idiopatica, distrofie muscolari, sclerosi laterale amiotrofica, ecc.), ma può comparire acutamente in corso di riacutizzazioni di patologie croniche respiratorie (BPCO, asma bronchiale), di malattie cardio-vascolari (edema polmonare, embolia polmonare, scompenso cardiaco) o infettive gravi (polmonite, influenza, SARS, COVID-19, ecc.). L’insufficienza respiratoria può essere indotta da un primitivo danno del parenchima polmonare (embolia polmonare, fibrosi polmonare, polmonite) che si presenta con una riduzione isolata anche importante dell’ossigeno nel sangue (insufficienza respiratoria ipossiemica) necessitante di ossigenoterapia, oppure può essere indotta da un primitivo danno della pompa respiratoria (patologie neuro-muscolari o della gabbia toracica) in cui l’ipossiemia si accompagna all’incremento dell’anidride carbonica (insufficienza respiratoria globale ipossiemico-ipercapnica) necessitante di ventilazione artificiale (assistita o controllata), associata oppure no ad ossigenoterapia. In quest’ultimo caso la sola somministrazione di ossigeno può risultare pericolosa peggiorando la ritenzione dell’anidride carbonica, indotta dalla mancata ventilazione, con lo sviluppo del cosiddetto coma carbonarcotico. Anche i pazienti affetti da BPCO possono sviluppare un’insufficienza respiratoria globale, richiedente ventilazione meccanica, più frequentemente in corso di riacutizzazione e  spesso indotta proprio da ossigenoterapia inappropriata.   I pazienti con insufficienza respiratoria cronica presentano spesso una condizione cardiaca associata nota come “cuore polmonare cronico”, caratterizzato dall'alterazione della struttura e delle funzioni delle sezioni destre del cuore che si trovano a pompare sangue nel circolo polmonare che, a causa delle alterazioni dell’architettura del polmone, presenta una pressione elevata (ipertensione polmonare). Il “cuore polmonare cronico” va spesso incontro a scompenso cardiaco e necessita come terapia primaria di ossigeno a permanenza. In presenza di insufficienza respiratoria cronica la prescrizione di ossigenoterapia a lungo termine (OLT) e di ventilazione domiciliare, soggetta a precise indicazioni scientifiche, è attuabile tramite “Piano terapeutico” di pertinenza dello specialista pneumologo, con obbligo di rinnovo dello stesso semestralmente per l’OLT ed annualmente per la ventiloterapia. Come da indicazioni regionali il “Piano terapeutico”, prescritto dallo specialista, va attivato e rinnovato presso la ASL di residenza del paziente.

UOC Pneumologia

Le malattie dell’occhio sono moltissime, ci limiteremo pertanto a fornire una informazione approfondita delle principali e più frequenti patologie oculari cosi come dei difetti visivi (vizi di refrazione) più diffusi.

               

LE PRINCIPALI PATOLOGIE OCULARI

 

Infiammazioni

 Le più frequenti infiammazioni dell’occhio possono essere a carico degli annessi oculari o del bulbo oculare.
Quelle a carico degli annessi sono:

  • Congiuntiviteè l'infiammazione che riguarda la congiuntiva, ovvero la membrana trasparente che riveste esternamente parte del bulbo oculare e la parte interna delle palpebre. Le cause più frequenti sono: allergie, infezioni (batteriche, virali, micotiche, da parassiti), irritative. I sintomi più frequenti sono: occhio rosso, bruciore agli occhi, prurito agli occhi, lacrimazione, senso di corpo estraneo, transitori annebbiamenti visivi, secrezione (occhio sporco, palpebre appiccicate), occhio gonfio. Le forme infettive (virali e batteriche) sono altamente contagiose e devono essere prontamente diagnosticate e curate per evitare la diffusione ed il contagio ad altri soggetti
  • Blefarite: è una infiammazione delle palpebre, acuta o cronica. Le forme acute hanno le stesse cause ed all’incirca gli stessi sintomi delle congiuntiviti acute. Forme molto frequenti di blefarite acuta sono l’orzaiolo, infiammazione di un follicolo pilifero (ciglia) ed il calazio una cisti che si forma a seguito di una infiammazione cronica delle ghiandole che producono la componente lipidica delle lacrime (ghiandole di Meibomio) e che dopo una fase acuta che simula i sintomi dell’orzaiolo, porta alla formazione di una o più “palline dure”nella palpebra che, se non si risolvono con l’uso di colliri e pomate, può richiedere la asportazione chirurgica. Le forme croniche causano arrossamento del bordo della palpebra, prurito, senso di corpo estraneo e spesso la formazione di “squamette” tra le ciglia; la sintomatologia ha periodi di acutizzazione alternata a fasi di relativo benessere; è importante una costante igiene palpebrale con appositi prodotti ed eventualmente con farmaci topici per evitare il sovrapporsi di infezioni
  • Dacriocistiti:possono essere acute e croniche, colpiscono le vie di deflusso lacrimale ed in particolare il sacco lacrimale. Solitamente hanno origine infettiva e dipendono dall’ostruzione delle vie di deflusso.

Le infiammazioni più frequenti a carico del bulbo oculare sono:

  • Cheratiti: interessano la cornea; hanno origine allergica, infettiva (batterica, virale, micotica), autoimmune, irritativa, traumatica. Causano occhio rosso, dolore, senso di corpo estraneo, secrezione, annebbiamento visivo. Devono essere curate tempestivamente pena l’insorgenza di complicanze anche gravi che possono esitare in deficit visivi.
  • Scleriti ed episcleriti: solitamente di natura immunitaria, colpiscono la sclera e l’episclera, possono avere carattere recidivante ed associarsi ad uveiti ed altri sintomi generali.
  • Uveiti: infiammazioni a carico dell’uvea. Le forme anteriori (irido-cicliti) interessano l’iride ed il corpo ciliare; spesso di carattere autoimmunitario (inquadrabili in Sindromi di tipo reumatico), altrettanto spesso ad eziologia ignota, sono caratterizzate dalla produzione di materiali infiammatori nell’occhio, di carattere “colloso”, che possono dare aumento della pressione dell’occhio ed esitare in aderenze fibrose nella parte anteriore dell’occhio che a volte causano un danno visivo anche importante; possono essere la fonte dell’insorgenza di una cataratta secondaria; si manifestano con occhio rosso, dolore, calo visivo e vanno curate al più presto con colliri e farmaci sistemici. Le forme posteriori (corio-retiniti) interessano la coroide e quindi la retina che è in stretta contiguità; l’eziologia è simile a quella delle forme anteriori, ma sono caratteristiche delle forme congenite (da toxoplasma e rosolia); esitano in cicatrici corio-retiniche che, se interessano la parte posteriore della retina sono in grado di causare anche gravi limitazioni visive.

La cataratta

La cataratta è una patologia dell'occhio determinata dall'opacamento parziale o totale del cristallino. Può essere congenita - e quindi non evolutiva - o acquisita, ovvero di carattere progressivo.
Tra le cataratte acquisite si distinguono:

  • cataratte complicate, conseguenti od associate a malattie oculari pregresse o in corso
  • cataratte conseguenti a malattie sistemiche
  • cataratte traumatiche
  • cataratte da agenti fisico-chimici
  • cataratte conseguenti a interventi chirurgici intraoculari
  • cataratte senili, di gran lunga le più frequenti consistenti in un fisiologico e progressivo invecchiamento del cristallino


La sintomatologia consiste in una diminuzione dell'acuità visiva, che nei casi più gravi arriva alla cecità.
La terapia è chirurgica (faco-emulsificazione con ultrasuoni e/o facolisi laser) e consiste nell'asportazione parziale o totale del cristallino opacizzato e l’impianto (contestuale o secondario) di una lente intraoculare (IOL) all'interno del globo oculare.

Il glaucoma

Il glaucoma è una malattia oculare dovuta, nella maggior parte dei casi, ad un aumento della pressioneintraoculare (ma esistono anche forme di glaucoma in cui la pressione intraoculare risulta normale) ed è una delle più frequenti cause di cecità nel mondo (colpisce circa il 2% dei soggetti di età superiore ai 35 anni). Il glaucoma è, purtroppo, una malattia quasi sempre asintomatica e può essere quindi diagnosticata solo con visite di prevenzione.
La cecità legata al glaucoma infatti si può quasi sempre prevenire purchè la malattia venga diagnosticata e curata tempestivamente-

 

Il cheratocono

Il cheratocono è una malattia degenerativa ereditaria della cornea caratterizzata da uno sfiancamento dell’apice corneale che assume la forma di un conoide.
Si possono avere forme lievissime, di cui il paziente non si accorge e che sono diagnosticate solo topograficamente, e forme molto gravi in cui la deformazione e l’assottigliamento della cornea producono un astigmatismo irregolare molto elevato e delle opacità centrali che limitano fortemente la visione. Tra questi due estremi si osservano tutti i quadri intermedi.

Le forme più lievi possono essere corrette con occhiali o lenti a contatto. Le forme che invece tendono a peggiorare velocemente nel tempo possono essere trattate mediante il cross-linking corneale. Nei casi più avanzati caratterizzati da un marcato assottigliamento della cornea e da un deficit visivo importante sarà necessario intervenire chirurgicamente con un trapianto di cornea che, a seconda della gravità e della età del paziente, potrà essere limitato alla sostituzione parziale del tessuto corneale (cheratoplastica lamellare) o totale (cheratoplastica perforante).

La diagnosi del cheratocono, eseguibile nelle forme avanzate con la biomicroscopia del segmento anteriore e la cheratometria durante una routinaria visita oculistica, si avvale nelle forme meno evolute dell’ausilio della topografia corneale. In particolare è fondamentale la topografia corneale altitudinale che mostra la conformazione sia della superficie anteriore, sia di quella posteriore della cornea oltre alla pachimetria corneale (la misura dello spessore della cornea). La periodica esecuzione di questo esame consente di controllare con precisione l’evoluzione del cheratocono.

 

LE PATOLOGIE RETINICHE E VITREALI

La degenerazione maculare senile

È una patologia che coinvolge dopo i 60-65 anni la parte posteriore della retina (macula) responsabile della visione centrale (IN PARTICOLARE LA VISIONE PER VICINO) determinandone una diminuzione variabile a seconda delle forme, mantenendo inalterato il campo visivo periferico (visione periferica).

Ne esistono diverse forme:

  • Forme “secche”, o atrofiche, spesso bilaterali, rappresentano la maggior parte delle degenerazioni maculari senili. Evolvono in modo lento, causando un danno progressivo che può diventare severo solo nelle fasi terminali. La loro evoluzione è ben monitorata dalla tomografia ottica computerizzata (OCT).
  • Forme “umide” o neovascolari: in questi casi si ha la comparsa di neovasi sottoretinici o membrana vascolare coroideale (nuovi capillari anomali) a livello della macula che prima trasudano liquido (che dà un sollevamento retinico maculare) e poi possono rompersi e sanguinare (ciò causa un importante calo visivo ad insorgenza acuta); successivamente si ha la retrazione cicatriziale della membrana neovascolare con un sovvertimento anatomico della macula ed un severo danno della visione centrale. Molto importante è che il paziente noti i primi sintomi (consistenti in una distorsione delle immagini, come se un film venisse proiettato non su uno schermo liscio ma su una parete dalla superficie irregolare); questo consentirà un tempestivo intervento dell’oculista che consiste nella iniezione all’interno del bulbo oculare di farmaci (ANTI-VEGF) in grado di rallentare ed, in alcuni casi, arrestare la progressione della malattia.

 

La retinopatia diabetica

Il diabete è responsabile di gravi alterazioni a carico dei vasi sanguigni di piccolo calibro tra cui quelli presenti nell’occhio.

Nelle prime fasi (retinopatia diabetica non proliferante) compaiono microaneurismi ed aree ischemiche (le modificazioni vascolari producono un minore afflusso di sangue nei distretti interessati) che si apprezzano come essudati (duri e cotonosi) ed emorragie retiniche (superficiali e profonde) all’esame oftalmoscopico del fondo dell’occhio ed edema della macula (evidenziabile con la fluorangiografia retinica e con l’OCT). Se le aree ischemiche non vengono diagnosticate e trattate con il laser, favoriscono la comparsa di nuovi vasi sanguigni anomali (neovasi), a partenza dalla coroide, i quali invadono la retina e lo spazio vitreale e possono dare gravi episodi emorragici (emorragie retiniche, emovitreo) con grave compromissione visiva. La contrazione dei neovasi e dei coaguli di sangue può portare a distacco di retina trazionale. L’interessamento anteriore dell’uvea (rubeosis iridea) può contemplare l’affollamento dei neovasi nell’angolo irido-corneale con diminuito deflusso dell’umore acqueo e comparsa di glaucoma neo-vascolare.

Nell’insorgenza della retinopatia diabetica rivestono importanza sia la durata che la gravità della malattia diabetica. È quindi essenziale che il paziente diabetico tenga sotto controllo al meglio la sua malattia e si sottoponga a visite oculistiche annuali ed a fluorangiografia retinica ed OCT periodicI, in quanto solo una tempestiva terapia laser (che distrugge le aree ischemiche ed i neovasi) evitare le gravi sequele emorragiche della retinopatia diabetica proliferante e/o l’insorgenza di un edema maculare diabetico. In questo ultimo caso soltanto la terapia intravitreale (iniezione all’interno del bulbo oculare di farmaci ANTI-VEGF e/o steroidi) può contrastare l’inevitabile perdita della visione.

Nella maggior parte dei casi il paziente diabetico sviluppa la retinopatia dopo 10-15 anni dalla sua insorgenza, ma in casi gravi le lesioni retiniche possono comparire precocemente.

 

Il Distacco di Retina

l distacco della retina è una delle più serie emergenze che riguardano l'occhio e la vista. Si verifica quando uno strato della retina, tessuto fondamentale per la visione, si solleva trascinando con sé i vasi sanguigni che alimentano di ossigeno e nutrienti l'occhio. Dopo appena 48 ore dal distacco inizia la morte delle cellule e questo provoca la perdita progressiva della vista. Specie se la porzione di retina distaccata è quella centrale.

Cos'è il distacco della retina?

Si distinguono quattro tipologie diverse di distacco di retina:

  • Regmatogeno (DRR): è il più frequente, ha origine da una rottura nella retina che consente l'ingresso di liquido nello spazio sottoretinico
  • Trazionale: è provocato dalla formazione di membrane sulla superficie retinica che creano una trazione che solleva la retina. È tipico nei casi di ischemia retinica, che possono essere provocati dal diabete, dalle trombosi venose o dalla retinopatia precoce
  • Essudativo: è determinato dalla presenza d'infiammazione o di lesioni vascolari o neoplastiche che formano dei liquidi subito sotto la retina
  • Post traumatico: un trauma bulbare o perioculare può avere delle ripercussioni sulle delicate strutture interne dell’occhio provocando una lacerazione della retina particolarmente estesa

Quando il distacco coinvolge la parte più centrale della retina, la regione maculare e la fovea, la perdita di visione è molto più grave e la possibilità di riacquistare la vista è compromessa.

Quali sono le cause del distacco della retina?

Il distacco della retina può verificarsi in seguito a:

  • Liquefazione vitrea e distacco posteriore del vitreo (DVP). Si tratta di processi legati all'invecchiamento e alla storia naturale dell'occhio. L'accumulo di liquido (umor vitreo), che con l'età cambia consistenza, diventa più denso o più voluminoso, può far sollevare la retina nei punti in cui è più sottile.
  • La degenerazione a palizzata. Consiste in un'aderenza forte del vitreo ai bordi retinici, può facilmente esitare in un distacco di retina.
  • La pseudofachia. Può verificarsi dopo l'intervento di cataratta e rappresenta un fattore di rischio per il distacco di retina.
  • Traumi
  • Diabete
  • Malattie infiammatorie
  • Malattie genetiche come la sindrome di Marfan e la sindrome di Ehler Danlos

Quali sono i sintomi del distacco della retina?

Il distacco della retina è sempre anticipato da alcuni segnali:

  • Comparsa improvvisa di mosche volanti e corpi scuri fluttuanti davanti alla vista (miodesopsie)
  • Improvvisi lampi di luce in uno o entrambi gli occhi
  • Oltre il 50% dei pazienti con DR presenta la sintomatologia del DVP, che comprende visione di fotopsie (lampi di luce) e di miodesopsie (piccoli corpi mobili scuri) nei giorni precedenti.
  • Uno scotoma, ovvero un'ombra o una tenda scura che copre parte del campo visivo

Diagnosi

La diagnosi si ottiene attraverso:

  • Un'accurata visita oculistica che consente di identificare la rottura e il distacco di retina. Bisogna, infatti, differenziare i diversi tipi di distacco, capire cioè se si tratta di un distacco regmatogeno, trazionale, essudativo o misto.
  • Ecografia oculare per valutare lo stato della retina, nel caso sia possibile esaminare perfettamente la retina

Trattamenti

La terapia del distacco della retina deve essere messa in atto il più rapidamente possibile, per evitare che con il passare del tempo si  instauri la perdita completa della vista.
I trattamenti standard sono:

  • Fotocaogulazione con laser. Lo scopo della terapia è quello di creare una cicatrice intorno alla rottura che impedisca l'ingresso del liquido nello spazio sottoretinico.
  • Quando il distacco coinvolge invece un'area significativa della retina è necessario intervenire chirurgicamente. La chirurgia per il distacco di retina prevede essenzialmente due approcci:
  • Ab-esterno: chirurgia episclerale senza entrare all'interno dell'occhio (cerchiaggio e/o piombaggio)
  • Ab-interno: la vitrectomia.

Prevenzione

La comparsa di corpi scuri nella vista e lampi di luce (miodesopsie e fotopsie) deve mettere in allarme il paziente e spingerlo a sottoporsi al più presto ad una visita oculistica. La miglior prevenzione consiste nel conoscere i sintomi e in controlli della vista periodici. È importante sapere che le miodesopsie non scompariranno con il tempo, ma saranno sempre visibili, soprattutto in presenza di variazioni di luminosità. Con il tempo tuttavia le macchie si riducono lievemente e il fastidio diminuisce.

 

Le patologie vitreali 

Il vitreo è una gelatina trasparente che occupa tutta la parte posteriore dell’occhio, dietro l’iride ed il cristallino e tappezza tutta la retina aderendo ad essa posteriormente ed in periferia (base del vitreo).

Le patologie vitreali più frequenti sono:

  • Corpi mobili vitreali (o miodesopsie): particolarmente frequenti nei miopi, sono viste dal paziente come “mosche volanti” quando si guarda una superficie chiara omogenea: il cielo, una parete, un foglio di carta. Sono espressione di localizzate zone in cui il vitreo perde la trasparenza (a causa di fenomeni degenerativi) o di distacco posteriore di vitreo (il vitreo si scolla dalla retina a causa di traumi, miopia elevata, disidratazione). Si tratta di forme non gravi a meno che non si accompagnino a degenerazioni vitreo-retiniche (che è necessario escludere con un accurato esame della periferia della retina ed eventualmente trattare con un barrage laser). Il fastidio avvertito dal paziente, anche intenso, generalmente diminuisce nel tempo (il nostro cervello “si abitua”).
  • Degenerazioni vitreo-retiniche: sono aree di aderenze anomale tra il vitreo periferico e la retina. Nel caso si verifichi un distacco posteriore di vitreo le trazioni generate possono causare rotture e successivo distacco di retina. I sintomi sono rappresentati da “lampi” e “mosche volanti”. È quindi molto importante evidenziare e trattare con un barrage laser queste degenerazioni, per evitare le sequele retiniche.
  • Sindrome dell’interfacies vitreo-retinica: il vitreo può ispessirsi a livello della macula, formando una membrana epiretinica (cellophane maculare, pucker maculare). Dal momento che in questa zona aderisce alla retina la contrazione della membrana può stirare la retina determinando distorsioni visive e causare la formazione di microcisti intraretiniche, la cui rottura può produrre un foro maculare (con conseguente danno della visione centrale). È quindi importa te che ai primi sintomi il paziente si rivolga al proprio oculista che monitorizzerà il progredire della malattia (con il test di Amsler e con l’OCT) decidendo l’eventuale momento in cui ricorrere all’asportazione chirurgica della membrana.

I DIFETTI VISIVI

Miopia

La miopia è il difetto della vista più diffuso, interessa il 30% della popolazione europea, e costituisce la più comune delle alterazioni dell'occhio. Nel miope la vista da lontano è ridotta e gli oggetti appaiono sfuocati. Questo perché i raggi luminosi provenienti da oggetti lontani cadono su un piano posto davanti alla retina, generando un'immagine retinica confusa. La causa più comune risiede in una eccessiva lunghezza del bulbo oculare ed è per questo motivo che risulta molto importante eseguire uno screening della miopia in tutti i bambini in età pre-scolare visto che con la crescita il difetto è destinato inevitabilmente a peggiorare.

 

I sintomi della miopia

  • Visione sfocata quando si guardano gli oggetti lontani
  • La necessità di strizzare gli occhi per vedere chiaramente
  • Cefalea e disturbi nel passaggio dalla visione da lontano a quella per vicino

Per vedere nitidamente il miope ha quindi bisogno costantemente, alla guida o nelle attività di tutti i giorni, degli occhiali e di lenti a contatto che permettono di dirigere in modo appropriato i raggi di luce in modo da formare immagini nitide sulla retina. Talvolta la miopia può essere accompagnata anche da alterazioni della retina in grado di compromettere la funzionalità visiva. In presenza di alterazioni della retina centrale, né gli occhiali né le lenti a contatto consentono una vista nitida e immagini non sfuocate.

Diagnosi

Visita oculistica con misura dell'acutezza visiva:

La diagnosi di miopia avviene durante la visita oculistica con la quale si misura l'acutezza visiva e vengono determinate con precisione le diottrie del difetto visivo, anche con l'ausilio di gocce cicloplegiche, che provocano la dilatazione della pupilla e una difficoltà nella messa a fuoco.

La miopia viene espressa in diottrie durante una visita oculistica. Semplificando, corrispondono al potere della lente necessaria per vedere nitidamente i simboli sul tabellone. L’ottotipo è la tabella con le lettere ed i simboli che l’oculista sottopone al paziente ed è espressa in decimi, dove 1/10 rappresenta la prima riga della tabella mentre 10/10 l’ultima. Un paziente con una vista sana deve quindi leggere 10/10 per ciascun occhio.

Trattamenti

Si può correggere la condizione con occhiali o lenti a contatto. Un'altra opzione di trattamento per la miopia è un intervento chirurgico.

La chirurgia foto refrattiva si avvale dell'utilizzo dei laser ad eccimeri ed a femtosecondi. L'energia del laser interrompe i legami fra le molecole e provoca una "evaporazione" del tessuto bersaglio senza danni sui tessuti circostanti.

COSA E’ BENE SAPERE

La correzione dei difetti visivi con il laser rappresenta una alternativa agli occhiali e alle lenti a contatto ma non può migliorare la vista di un occhio affetto da altre patologie. Ciò significa che se un paziente oltre alla miopia è affetto da un'altra patologia oculare (per esempio una malattia della retina) o ha un “occhio pigro” non potrà assolutamente migliorare la sua acuità visiva. In altre parole, la chirurgia refrattiva permettere di correggere esclusivamente la miopia.

Gli interventi di chirurgia refrattiva non sono effettuabili con il Servizio Sanitario Regionale se non in casi accuratamente documentati (per esempio quando esiste una forte differenza di miopia tra i due occhi oppure in caso di dimostrata intolleranza alle lenti a contatto).

 

Ipermetropia

L’ipermetropia è un difetto di refrazione per il quale la vista degli oggetti vicini risulta maggiormente sfocata rispetto a quelli lontani; a volte è possibile vedere nitidamente gli oggetti molto distanti nelle ipermetropie lievi, ma nel caso delle ipermetropie elevate anche questi risultano sfocati. La luce proveniente dagli oggetti, sia da quelli lontani sia da quelli più prossimi, non viene messa a fuoco perfettamente sulla retina, ma su un piano posto dietro ad essa.

Che cos'è l'ipermetropia?

Nell'ipermetropia lieve, finché si è giovani, l'occhio riesce a compensare il proprio difetto con il meccanismo naturale dell'accomodazione (cioè il potere di mettere a fuoco che ha il cristallino modificando la sua forma all'interno dell'occhio), ma verso i 40 anni questa capacità inizia a diminuire e allora si rendono necessarie le lenti correttive. I pazienti hanno la sensazione di un peggioramento visivo che sembra progressivo, in effetti tale difetto è congenito e con l'età è solo la capacità di compensarlo che viene meno. Per questo con l'avanzare dell'età va corretta con gli occhiali.
Per questo con l'avanzare dell'età non si è più in grado di compensare il deficit.

Quali sono le cause dell'ipermetropia?

La causa più comune dell’ipermetropia è l'occhio troppo corto.

Quali sono i sintomi dell'ipermetropia?

L'ipermetrope ha difficoltà a guardare oggetti vicini, ha bisogno per questo di strizzare gli occhi per vedere chiaramente. Inoltre, il cristallino che tende a compensare il difetto è sottoposto a uno stress continuo del muscolo ciliare, che non è mai rilassato. Il passaggio naturale dalla visione di oggetti distanti e oggetti vicini determina, , un continuo aggiustamento. Non è raro che questo meccanismo dia vita a sintomi quali:

  • bruciore;
  • una più o meno intensa lacrimazione dell'occhio;
  • dolori degli occhi e mal di testa, dopo la lettura, la scrittura, il lavoro al computer o lo svolgimento dei compiti con i bambini;
  • ipersensibilità alla luce poiché i muscoli che governano lo spostamento del cristallino hanno la stessa inserzione di quelli che governano la regolazione della pupilla

Diagnosi

Visita oculistica, sia per i bambini che per gli adulti. Nei bambini è fondamentale l'utilizzo di gocce "cicloplegiche", cioè la dilatazione della pupilla per annullare l'effetto compensatorio del cristallino deve essere quindi in grado di smascherare il difetto reale.
L'ipermetropia si misura in diottrie. Più elevato sarà il difetto, più grande sarà la correzione da prescrivere, quindi un occhiale o una lente a contatto caratterizzato da un numero elevato di diottrie.

Trattamenti

Si può correggere l'ipermetropia con occhiali o lenti a contatto. Un'altra opzione di trattamento per l'ipermetropia è un intervento chirurgico.
La chirurgia foto refrattiva si avvale dell'utilizzo del laser ad eccimeri. L'energia del laser interrompe i legami fra le molecole e provoca una "evaporazione" del tessuto bersaglio senza danni sui tessuti circostanti.

Anche per la chirurgia refrattiva della ipermetropia valgono le stesse avvertenze già espresse per la chirurgia della miopia

 

Prevenzione

Visite oculistiche, fondamentali nella prima infanzia verso i 5 anni di età o prima se esiste familiarità per patologie oculari o se ci sembra che il bambino adotta atteggiamenti particolari quando guarda gli oggetti o la televisione (strizza, si sfrega gli occhi o soprattutto li storce)

 

L'astigmatismo

'astigmatismo può essere presente dalla nascita e può essere associato a miopiaipermetropia e presbiopia, con differenti combinazioni tra i difetti e differenti livelli di gravità.

Che cos'è l'astigmatismo?

L' astigmatismo è un difetto dell'occhio molto comune e generalmente facilmente curabile che dipende dalla forma della cornea, che non è simile a quella di un pallone da calcio, ma è più simile a quella di un pallone da rugby e quindi la curvatura non è la medesima sui diversi meridiani. I raggi di luce non vengono messi a fuoco tutti nello stesso punto. Questo accade perché l'occhio non ha lo stesso potere di messa a fuoco lungo tutti i meridiani della cornea, provocando nei casi più lievi una minore nitidezza delle immagini. L'astigmatismo peggiora la vista sia da lontano che da vicino e non ha rapporti con l'età del paziente come la presbiopia.

Quali sono le cause dell'astigmatismo?

A causare l'astigmatismo può essere un'alterazione della curvatura della cornea che, anziché avere una forma normalmente sferica ha un profilo ellissoidale. In questo caso i raggi di luce provenienti dagli oggetti vengono proiettati in maniera disuguale nei vari punti della retina. L'occhio astigmatico vede male sia da lontano sia da vicino, gli oggetti possono apparire sfocati ma anche sdoppiati.

Quali sono i sintomi dell'astigmatismo?

Poiché gli oggetti non sono messi a fuoco in modo uguale in tutti i meridiani alcune parti di essi sono a fuoco, e altre fuori fuoco. Ad esempio guardando una “E” l’astigmatico può vedere la linea verticale a fuoco e le linee orizzontali fuori fuoco e viceversa. Il cristallino in alcuni casi può in parte compensare, mettendo a fuoco prima le linee verticali e poi orizzontali e lasciare poi al cervello il compito di elaborarle. Nei casi più gravi, gli oggetti possono apparire distorti in diversi modi: per esempio un cerchio viene percepito come una forma ovale. Lo sforzo visivo per compensare il difetto può provocare cefalea, affaticamento, bruciore e dolore che interessa i bulbi oculari e l'arcata ciliare, lacrimazione.

Diagnosi

Visita oculistica: spesso chi è astigmatico non se ne accorge se non dopo un'accurata valutazione medica. È importante sottoporsi periodicamente, sin da bambini, a controlli presso un medico oculista.
Gli esami impiegati per definire il tipo di astigmatismo sono:

  • lettura dei caratteri della tabella ottotipica
  • Cheratometro o oftalmometro
  • Topografia corneale, che permette di ottenere una mappatura punto per punto della curvatura della cornea
  • Tomografia corneale
  • Autorefrattometro
  • Test soggettivo della refrazione, che permette di ottenere con la collaborazione del paziente la corretta misura dell'astigmatismo

Trattamenti

Il trattamento dell'astigmatismo ha come obiettivo quello di compensare la curvatura irregolare che causa la visione offuscata. Si può ottenere con lenti correttive: occhiali o lenti a contatto. La diagnosi corretta e la prescrizione migliore dell'occhiale deriva sempre da un esame medico approfondito. Esami sommari spesso correggono in modo insufficiente tale difetto. Un altro metodo di correzione è quello chirurgico. In passato questo difetto veniva corretto con chirurgia incisionale, come la cheratotomia radiale, oggi superata dal laser ad eccimeri.

Il laser ad eccimeri può correggere i difetti visivi mediante la vaporizzazione a freddo del tessuto corneale in modo mirato. Questo può avvenire in superficie con diverse metodiche che si differenziano l'una dall'altra solo per la preparazione preliminare all'azione del laser. Anche in questo caso valgono le stesse considerazioni fatte per la chirurgia laser della miopia.

Prevenzione

​Per prevenire l'astigmatismo è bene effettuare visite oculistiche sin dai 4 o 5 anni, ma in caso di familiarità con malattie oculari anche prima di questa età.

UOC Oftalmologia

Le malattie dell'apparato cardiocircolatorio sono un gruppo di patologie a carico del cuore e/o dei vasi sanguigni. Le più diffuse sono l'infarto del miocardico, lo scompenso cardiaco, le aritmie, l'ipertensione arteriosa, le malattie delle valvole cardiache, la pericardite.

Aritimie Cardiache

L’aritmia è una alterazione del ritmo cardiaco o della frequenza cardiaca (cioè del numero di battiti al minuto). Questo vuol dire che il cuore può battere troppo velocemente (tachicardia), troppo lentamente (bradicardia) o con un ritmo completamente irregolare (ad esempio fibrillazione atriale). La maggior parte delle aritmie sono innocue ma a volte possono essere causa di episodi sincopali, arresto cardiaco o ictus.

Extrasistoli

Sono battiti cardiaci aggiuntivi, spesso innocui e asintomatici e possono essere di due tipi: sopraventricolari e ventricolari. Si verificano anche nelle persone del tutto sane e possono essere anche provocate dallo stress o dall'eccessivo uso di bevande contenenti caffeina o sostanze stimolanti.

Aritmie Sopraventicolari

Sono le aritmie più comuni, si verificano anche nelle persone del tutto sane e possono essere provocate anche da situazioni di stress fisico ed emotivo oppure dall’eccessivo uso di bevande contenenti caffeina o sostanze stimolanti.

Aritmie Ventricolari

Possono essere causate da eventi ischemici cardiaci, come l’infarto acuto, oppure da patologie non ischemiche come la cardiomiopatia dilatativa, la miocardite oppure le patologie dei canali elettrici.

  • Tachicardia ventricolare - È un’aritmia che parte dai ventricoli e provoca un battito cardiaco ritmico molto rapido; può durare per pochi battiti o più a lungo (tachicardia ventricolare sostenuta).
  • Fibrillazione ventricolare - È un’aritmia caotica che origina nei ventricoli, i quali, ricevendo multipli impulsi elettrici in maniera disordinata, non riescono a contrarsi in maniera valida per pompare il sangue in circolo. La morte può intervenire nell’arco di pochi secondi, a meno che non si intervenga con un defibrillatore. Questo è un dispositivo, il quale può essere applicato dall’esterno sul torace del paziente, oppure può essere impiantato, come un normale pacemaker, all’interno del torace. Il defibrillatore ha il compito, erogando uno shock elettrico, di interrompere la fibrillazione ventricolare, ripristinando il ritmo normale e salvando così la vita al paziente.

Bradicardia

È caratterizzata da una frequenza cardiaca più bassa del normale (inferiore a 50 battiti al minuto). Questo può far sì che arrivi poco sangue al cervello, causando la sincope (improvvisa perdita di coscienza). La bradicardia può insorgere a causa di processi legati all’invecchiamento, per alterazione degli elettroliti nel sangue, oppure per l’impiego si alcuni farmaci cosiddetti ‘bradicardizzanti’, quali i beta-bloccanti e la digitale. Alcune forme di bradicardia, come la malattia del nodo del seno oppure il blocco atrioventricolarevengono trattate con l’impianto di un pacemaker.
 

Prevenzione - Per mantenere in buona salute il tuo cuore è necessario avere:

  • Uno stile di vita sano: alimentazione equilibrata e varia,  ricca di fibre, frutta e verdura, cereali integrali, legumi, pesce,  con consumo di latte scremato e latticini a basso contenuto di grassi, carni bianche, povera di grassi di origine animale (insaccati e formaggi), sale e dolciumi, limitata nel consumo di alcool (non più di 2 bicchieri di vino al giorno per gli uomini e non più di uno per le donne possibilmente da consumare durante il pasto)
  • Perdere peso se in sovrappeso/obeso
  • Fare attività fisica regolare (concordata col proprio medico)
  • Tenere sotto controllo il livello del colesterolo
  • Smettere di fumare
  • Evitare stress

UOC Cardiologia